I migliori bomber di riserva degli ultimi anni

Siamo andati a spulciare le rose delle prime della classe e ci siamo accorti di una tendenza piuttosto strana delle squadre di oggi: i centravanti di riserva non vanno più di moda. La Juve, qualora dovesse mancare Higuain, sarebbe costretta ad adattarci Mandzukic (poco male nel loro caso visto che il croato ha già fatto questo ruolo), il Napoli senza Mertens non ha nessuno (aveva Milik, che in realtà è l’unico vero nove della squadra) e l’Inter non ha un vice-Icardi (Eder ha caratteristiche davvero troppo diverse per poter ritenersi il sostituto ideale dell’argentino).
Così siamo tornati indietro negli anni e ci siamo ricordati che solo pochi anni fa ogni squadra era dotata di un vero centravanti di riserva. Non i centravanti che metti in campo per fare numero, ma attaccanti entravano costantemente in campo nell’ultima mezz’ora e poi un modo per fare gol lo trovavano. Erano risorse pure da integrare nella squadra e non solo mosse di emergenza in caso di infortuni del titolare.

[tps_title]El Jardinero[/tps_title]

Il prototipo di giocatore in questione è Julio Ricardo Cruz, soprannominato El Jardinero. A memoria, Cruz non è mai stato considerato titolare nella sua lunga vita nerazzurra. Quando è arrivato dall’Olanda, gli hanno chiesto di dimagrire e lui si è messo a lavorare per diventare il classico giocatore alto e magro da mettere nei momenti disperati della partita. Lui stava lì, si faceva le sue panchine e quando veniva richiamato riusciva veramente a toglierti dall’impasse degli incontri spinosi. Celebre il gol nel derby del 2007, arrivato undici secondi dopo il suo ingresso in campo, come celebri sono le sue perle contro la Juventus, in special modo la doppietta al Delle Alpi che ha riportato  una vittoria all’Inter a Torino dopo dieci anni. Cruz ha avuto la sfortuna di trovare davanti a sé sempre gli Adriano e gli Ibrahimovic di turno, ma senza mai dire una parola ha accettato il ruolo di leader silenzioso che entra dalla panchina per togliere le castagne dal fuoco e l’ha fatto.
E così l’immagine che ci resta è di questo ragazzone alto e magro sempre vicino al tabellone del quarto uomo, con la nove sulla schiena – la maglia di tutti i centravanti titolari -, pronto ad entrare e cercare soluzioni in qualsiasi modo.


[tps_title]La pantera nera[/tps_title]

Se associate il nome della pantera al gioco del calcio, il primo nome che vi verrà in mente sarà quello di Marcelo Zalayeta. Zalayeta è stato il centravanti di riserva per eccellenza, nel senso più nobile del termine. Quando è arrivato alla Juventus era un ragazzino (già nel giro della Nazionale maggiore) e spesso e volentieri, con nonchalance, è subentrato nei finali di partite europee tutt’altro che leggere con Barcellona e Real Madrid, segnando in entrambi i casi. Zalayeta, però, si è ritrovato spesso a fare addirittura il quarto attaccante quando la Juventus ha potuto disporre in rosa contemporaneamente di Del Piero, Ibrahimovic e Trezeguet. Ma lui, quando è stato chiamato in causa, ha utilizzato come scudo il suo fisico possente (e la sua buona tecnica) per riuscire a restare nei cuori della tifoseria. Ha lasciato ottimi ricordi anche a Napoli, dove il minutaggio è salito fino ad interrompersi con la rottura del legamento crociato.


[tps_title]L’uomo della resurrezione[/tps_title]
Uno dei tanti gol assurdi e rocamboleschi che El Pampa ha segnato a tempo quasi scaduto.

Ma cari amici napoletani, il bomber di riserva per eccellenza ce lo avete avuto anche voi ed è stato El Pampa Sosa, l’uomo che dopo aver conquistato la Serie A con le sue forze ha deciso – con coraggio –  di accompagnare il Napoli del suo ex direttore sportivo, Marino, nel tentativo di risalita. Sosa è stato il primo acquisto di quel Napoli che oggi è lì a giocarsela con la Juventus ed in qualche modo ha conquistato le grazie dei tifosi anche per questo. Poi c’è il campo, e anche lì Sosa ha saputo farsi apprezzare. Quasi mai nell’undici titolare, El Pampa – che tecnicamente non ha mai entusiasmato, eccezion fatta per i chirurgici rigori che calciava – è stato l’uomo della provvidenza, delle zuccate di testa e dei gol pesanti. Sia in Serie C, che in Serie B. Ha portato il Napoli al tavolo dei grandi e l’età gli ha consentito di giocare solo un campionato di A condito da cinque reti. Un simbolo: l’uomo della resurrezione, il capitano mancato.


[tps_title]Un danese di giustezza[/tps_title]
Uno dei rari gol belli di Tomasson, qui in un’esecuzione tipica di un player di Fifa 18

San Siro, sponda Milan, ha visto un altro grande eroe degli ingressi a partita in corso: John Dale Tomasson. Danese, cresciuto calcisticamente in Olanda, Tomasson è arrivato nei primi anni duemila a Milanello e con il suo senso della posizione è riuscito a farsi ricordare per gol pesanti. Ha portato in cascina dodici reti in un campionato in cui la distinta ufficiale non l’ha vista quasi mai neanche per sbaglio. Eppure, soprattutto in Champions League, ha sempre annusato l’idea di segnare e, pur non facendo gol da mettersi le mani nei capelli, sapeva essere sempre al posto giusto e segnare i classici gol di giustezza. Di testa, di piede, in scivolata: Tomasson segnava a prescindere, e questo è bastato ai tifosi del Milan che lo hanno salutato quando Shevchenko e Inzaghi lo hanno chiuso al punto da non dargli più neanche l’opportunità di timbrare a gara in corso.


[tps_title]Una creazione di Sir Alex Ferguson[/tps_title]
Il gol che Solskjaer ha segnato in pieno recupero nella finale di Champions contro il Bayern. Era entrato nove minuti prima.

Ole Gunnar Solskjaer è il miglior giocatore subentrante della storia del calcio. Arrivato al Manchester United a 23 anni, nessuno aveva scommesso su di lui tranne Sir Alex Ferguson che ha trovato in lui il profilo ideale per spaccare le partite. Questo è un genere di giocatore diverso rispetto a quelli che abbiamo visto prima, perché Solskjaer è stato un calciatore che amava svariare e non certo rimanere al centro dell’attacco. Però segnava. Al debutto, Ferguson lo ha mandato in campo al posto di un difensore per addrizzare la partita e lui alla prima palla disponibile ha segnato il primo dei diciotto gol in stagione (da riserva). Celebre il poker rifilato al Nottingham in soli dodici minuti e il gol vittoria nella finale di Champions con il Bayern Monaco. Anche quel giorno era entrato a nove minuti dal termine e con un assist e un gol ha messo un trofeo importantissimo a Old Trafford.