Riganò torna alle origini: “Ho guadagnato bene, ma bisogna tornare a lavorare”

Riganò torna a fare il muratore

Dio perdona, Riga no. Questo era il coro che la Fiesole cantava per uno dei veri bomber di provincia. Uno che ti professione, prima di fare il calciatore, faceva il muratore.

 E oggi ci è tornato, al suo vecchio lavoro. Lo si può incontrare a un cantiere di Firenze vicino a Ponte Vecchio, ai 37 gradi.

 Dice: “Due cose so fare nella vita: i gol e il muratore. Così, dopo aver smesso di giocare, sono tornato a fare il mio mestiere: mi piace e ne vado orgoglioso.

Io sono questo: amo costruire e riparare le cose. Così, non avendo avuto chiamate per allenare sono tornato a fare il mio lavoro.”

 Oltre ai motivi sentimentali però, ci sono anche quelli economici: “Sì, ho guadagnato bene e ne sono felice. Nella mia intera carriera, però, ho incassato quanto molti giocatori di media fascia oggi guadagnano in due tre mesi. Così, poi, bisogna tornare a lavorare.”

 Una carriera da bomber

I soldi non sono stati quelli che si sarebbe meritato. Riganò ha fatto una carriera vera, giocando 519 partite tra tutte le categorie del calcio italiano e segnando, segnando tanto.

Nato a Lipari, isoletta delle Eolie, figlio di un pescatore e quinto di sette fratelli, si è creato da solo le sue opportunità. Prima di potersi vantare di essere un calciatore, faceva appunto il muratore durante il giorno e si allenava la sera.

 Dopo aver giocato con il Lipari, arrivò la chiamata del Messina e poi del Taranto in C1. Nel 2002 arrivò invece quella della Fiorentina: “Ero al Taranto. Mi chiamò Giovanni Galli, chiedendomi di andare alla Fiorentina, che era finita in C2 dopo il fallimento di Cecchi Gori,” racconta Riganò. “Alla prima telefonata riattaccai, pensavo fosse uno scherzo.”

Con la Viola va dalla C2 alla Serie A, segnando 62 gol in 101 partite. A 30 anni arriva in Serie A, da capitano, da idolo dei tifosi, ed esordisce contro la Roma di Totti, ma la sua partita dura solo 20′ a causa di un infortunio.

 Nel 2006 a Messina arriva addirittura terzo in classifica marcatori con 19 gol, dietro Totti e Lucarelli: “Ma la chiamata in Nazionale da Donadoni non è mai arrivata. Ancora non ho capito il perché.”

Poi tante maglie, tanti gol. Fino al 2015 è rimasto in campo, poi ha provato la carriera da allenatore, ma, come dice lui stesso: “Ho preso due patentini per allenare… Amo il calcio, ma si vede che non sono adatto per quello di oggi, fatto principalmente di sponsor, non accetto compromessi. Certo, se poi arrivasse la chiamata giusta sarei pronto a tornare in panchina.”

 Il suo segno però l’ha lasciato, soprattutto a Firenze. Vive nel quartiere di Campo di Marte, dove si trova il Franchi, tifa Fiorentina e commenta insieme a David Guetta le partite della Viola su Radio Bruno.

 E Firenze non dimentica. Sui muri si trova ancora la scritta: Dio perdona, Riga no.