Allegri e il rapporto con un ex Juve: “Mi avete messo in difficoltà”

La gara contro l’Udinese (persa per 0-1) ha allontanato ulteriormente i sogni scudetto della Juventus ma, contestualmente, è coincisa con il raggiungimento di un record importante da parte di Max Allegri. Il tecnico livornese, infatti, ha raggiunto le 405 panchine con la Juve, eguagliando Marcello Lippi e piazzandosi al secondo posto (in questa classifica) dietro Giovanni Trapattoni, che comanda la graduatoria degli allenatori bianconeri con 596 panchine. Per l’occasione, il club ha organizzato un’intervista scandita dai messaggi di congratulazioni di ex e attuali giocatori della Juve. In questa direzione si inserisce la posizione di Allegri sul rapporto con Mario Mandzukic.

Allegri, 405 panchine: le congratulazioni dei bianconeri del presente e del passsato

Tanti i giocatori (in attività e non) che hanno voluto dedicare un messaggio al tecnico. Tra questi Giorgio Chiellini, Gigi Buffon, Claudio Marchisio, Alessandro Matri, Blaise Matuidi, Miralem Pjanic, Sami Khedira, Szczesny, Rabiot, Danilo, Alex Sandro, Rugani e De Sciglio. Messaggi all’insegna dell’affetto per Allegri, scanditi da aneddoti sugli anni vissuti sotto la guida del tecnico livornese. 

Il messaggio di Mandzukic

Tra tutti, però, un messaggio in particolare ha “toccato” Allegri, visibilmente emozionato per le parole di Mario Mandzukic. “Con te alla Juve mi sono diverito – ha chiosato l’ex attaccante croato – congratulazioni per questo record, sono felice che tu lo abbia raggiunto. Sai che non mi piace fare video e rilasciare interviste, ma per te ho fatto un’eccezione. Ti auguro il meglio sia in campo che nella vita, non dimenticare che hai ancora bisogno di lavorare per migliorare nel basket”. 

Allegri: “Mi avete messo in difficoltà”

Qui mi avete messo in difficoltà – ha riferito Allegri – con Mario sono legato, è stato meraviglioso perché era buffo. Faceva finta di non sapere l’italiano e invece lo sapeva meglio degli altri. Alla sua seconda partita, a Roma, si è fatto male a un gomito. Da lì è partita un’infezione, lui non rientrava più e non riuscivo a capire come convincerlo a tornare in campo. Da quel momento è iniziato questo rapporto in cui io e lui decidevamo insieme cosa fare. Lui discuteva con i dottori, loro venivano da me io gli dicevo il contrario”.

“Un’altra volta, a Monaco, non era pronto per giocare ma l’ho portato in panchina e poi l’ho fatto entrare. Ogni tanto veniva al campo e diceva ai dottori: <No good, no good>, e allora io rispondevo <tranquillo Mario, domenica non giochi e stai a riposo>, poi un attimo dopo me lo trovavo dietro in campo. Mario è arrivato per sostituire Tevez, era un giocatore caratterialmente forte ma soprattutto tecnico. Era un giocatore di livello talmente alto che faceva paura quando lo mettevi in campo. Se non aveva voglia, lo lasciavo in campo perché nei momenti decisivi riusciva ad accendersi. Per un allenatore, quando si lavora con questi campioni, c’è sempre da imparare qualcosa”.

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