Felix Brych per la Germania è ciò che Pierluigi Collina rappresenta per l’Italia: il miglior arbitro della storia del proprio Paese.
I dialoghi con Giorgione
Oggi 49enne, il fischietto tedesco si avvicina al ritiro dopo una carriera straordinaria, con oltre 400 partite dirette tra Bundesliga, Champions League e competizioni internazionali.
Tra le sue direzioni più celebri c’è la finale di Champions League del 2017, vinta dal Real Madrid contro la Juventus. In campo, quella sera, anche Giorgio Chiellini, che Brych non ha dimenticato. Proprio con l’ex difensore bianconero ci sono stati diversi siparietti, raccontati in una lunga intervista rilasciata a Der Spiegel, in cui ha svelato i retroscena del legame che si crea tra arbitro e calciatori, attori diversi di uno stesso show:
Nessuno parlava quanto Chiellini. Una volta mi disse: “Felix, oggi vorrei parlare molto”. Ad esempio, quando tirava la maglia dell’avversario e chiedeva: “Felix, posso tirarla così?” Ho dovuto rispondere: “Giorgio, no, non va bene.” Ne aveva bisogno, quindi dovevo comunicare con lui più che con gli altri. Ma ho sempre dovuto stabilire dei limiti. Mi piaceva questo gioco di equilibri
Il gesto di Verratti
Tra gli aneddoti, ce n’è uno particolarmente curioso che riguarda le maglie ricevute in regalo dopo le partite, tra cui spicca quella di Marco Verratti
Marco Verratti mi diede la sua dopo una partita in cui lo avevo espulso. Sono stati momenti belli perché mi hanno fatto capire che anche io faccio parte del match
Il rapporto con Zlatan
Un’ultima chicca riguarda Zlatan Ibrahimović, uno dei talenti più forti arbitrati da Brych. Durante l’intervista, l’arbitro tedesco ha raccontato come si relazionava con lui in campo, spiegando la tattica che adottava per gestirlo, tenendo conto del contesto in cui era cresciuto e della personalità forte e imprevedibile di Zlatan
Lui viene da una periferia difficile di Malmo, sapevo che era abituato a un linguaggio di strada. Non potevo mettergli troppa pressione avvicinandolo troppo, avevo capito che questo atteggiamento non gli piaceva. Voleva usare il campo come suo palcoscenico, l’arbitro doveva fare un passo indietro ed esercitare il proprio controllo da più lontano
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