La Juventus, una delle squadre più prestigiose nella storia del calcio italiano, è di nuovo al centro delle discussioni. Questa volta a parlare è Zibì Boniek, ex fuoriclasse bianconero che ha partecipato al documentario di Angelo Bozzolini, presentato al Festival di Torino, dedicato al decennio d’oro della Vecchia Signora.
Nostalgia di un calcio irripetibile
Zibì Boniek, che nonostante i suoi 69 anni sente di avere l’energia di un quarantenne, riflette sull’epoca in cui militava nella Juventus. “Ho visto il documentario e non posso più riabbracciare Paolo Rossi“, ammette con un velo di malinconia. Ricorda con affetto quei tempi, quando nello spogliatoio si parlava un’unica lingua, quella italiana, e l’ambiente era caratterizzato da un forte senso di nazionalismo e amicizia. Una rara alchimia che oggi sembra smarrita.
L’arrivo a Torino: un mondo nuovo
Il trasferimento di Boniek a Torino fu come un salto in un altro universo. “Venivo dalla Polonia dove ero già un calciatore affermato, ma la Juve era una delle squadre più forti del mondo“, racconta. Ancora vivido nella sua memoria è il ricordo di un incontro in Polonia contro il Lechia Danzica, con Lech Walesa presente sugli spalti e una tribuna che scandiva grida di libertà, mentre ‘Felicità’ di Albano riecheggiava dagli altoparlanti per placare gli animi.
Normalizzazione della Juventus di oggi
Oggi Boniek vede una Juventus normalizzata. Un club che un tempo era pieno di autentici campioni come Vialli e Baggio, si è trasformato in una squadra come tante. Ricorda nostalgico la cura che Boniperti aveva anche per il benessere personale dei giocatori. “Oggi è come le altre squadre“, afferma, facendo notare come il ruolo del club si sia trasformato. Una volta ogni società aspirava a vendere i propri giocatori alla Juventus, ora non è più così.
Cambiamenti nei giocatori di oggi
Il mondo del calcio è molto diverso oggi, secondo Boniek. I giocatori sono ora ricchi e, a parer suo, viziati. “Intanto non esisteva la playstation“, osserva, ricordando i tempi in cui giocare a carte con compagni come Zoff e Rossi era la norma. Quella vita di squadra, condivisione e semplicità sembra ormai un ricordo lontano, eppure Boniek non condanna i giocatori di oggi per questa nuova realtà.








